Referendum Costituzionale del 4 dicembre 2016

IL REFERENDUM COSTITUZIONALE SULLA RIFORMA DELL'ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA
(testo a cura di Vittorio Rapetti, tratto da La riflessione e l'impegno dell'Azione Cattolica, ottobre 2016)

 

1. Perché è stato indetto questo referendum ?
Questa riforma della Costituzione è stata approvata dal Parlamento il 12.4.2016, dopo un lungo percorso (doppia ‘lettura’ di Camera e Senato), con una maggioranza inferiore ai 2/3 dei membri del Parlamento. In tal caso la legge non viene promulgata subito: entro 3 mesi, infatti, è possibile chiedere un referendum confermativo (ossia tutti i cittadini sono chiamati a confermare o meno tale riforma). Questa richiesta è stata presentata (da numerosi parlamentari e da cittadini attraverso una raccolta di firme), la Corte di Cassazione ha verificato la regolarità della richiesta; il governo ha fissato la data per lo svolgimento del referendum per domenica 4 dicembre.

2. Quali sono le caratteristiche di questo referendum ?
Si tratta di un referendum confermativo, come previsto dall’art.138 della Costituzione: chi è favorevole a questa riforma dovrà votare SI’ per confermare la decisione dal Parlamento; mentre chi è contrario a questa riforma dovrà votare NO. (E’ l’inverso di quanto avviene con il referendum abrogativo). I risultati del referendum costituzionale sono validi indipendentemente dal numero di votanti (non c’è il quorum)

3. Quali sono i rischi di questo referendum ?
I rischi principali sono due:
- l’astensionismo molto elevato potrebbe indebolire il valore di questa riforma, ma soprattutto accentuare il distacco tra i cittadini e la politica, visto che la Costituzione è la legge fondamentale del paese e che queste modifiche toccano punti molto importanti del nostro ordinamento statale. Per chi, come noi, attribuisce un valore essenziale alla democrazia partecipata, l’astensionismo è il rischio più grave, qualunque sia l’esito del referendum;
- poiché questa legge è sostenuta dal governo Renzi, il referendum potrebbe trasformarsi in un voto a favore o contro il governo (chi è favorevole a Renzi vota SI’, chi è contro Renzi vota NO), a prescindere dal contenuto della riforma. Non a caso tutte le opposizioni al governo si sono schierate per il NO (anche quelle che in passato avevano sostenuto e votato a favore della riforma), sperando così di far cadere il governo. Ciò contrasta con la natura e la funzione della Costituzione: la sua riforma va considerata aldilà delle contingenze del momento; in quanto legge fondamentale essa orienta infatti il funzionamento delle istituzioni ed ha effetti nel tempo sulla società.

4. Quali sono i punti principali di questa riforma ?
La riforma (che prende il nome dal ministro Boschi) non riguarda i principi fondamentali (artt. 1-12) né la parte I (Diritti e doveri dei cittadini, ad eccezione dell’art. 48), ma modifica una serie di articoli della parte II (Ordinamento della Repubblica), in particolare:

- la struttura e organizzazione del Parlamento (parte II – titolo II) per quanto riguarda la composizione e i poteri dei due rami del Parlamento, Camera e Senato;
- la revisione dei poteri delle Regioni ed i rapporti Stato/Regioni (parte II – titolo V);
- le norme sulla partecipazione dei cittadini all’elaborazione delle leggi.

5. Come cambia il Parlamento ?
Attualmente ogni legge deve essere approvata da entrambi i rami del Parlamento: Camera e Senato hanno gli stessi poteri legislativi (questo sistema si chiama “bicameralismo perfetto” o “paritario”), si differenziano per i rispettivi regolamenti e per il diverso metodo di elezione dei parlamentari (questo rimanda alla questione della legge elettorale, la cui nuova versione – detta ’Italicum’ – approvata nel maggio 2015, non fa parte però della riforma costituzionale, essendo una legge a se stante).
Con la riforma il cambiamento è assai forte: restano i due rami del Parlamento, ma le loro funzioni e poteri sono molti differenziati (da qui la definizione di “bicameralismo imperfetto” o “differenziato”). In breve:
- solo la Camera svolge la funzione legislativa per gran parte dei casi e ha il potere di dare la fiducia al Governo ed è eletta dai cittadini a suffragio universale;
- il Senato resta in attività, con un numero ridotto di senatori (100 in luogo degli attuali 315), come camera di rappresentanza dei territori; 95 senatori sono eletti dai Consigli regionali tra i consiglieri (74) e i sindaci (21), 5 sono nominati dal Presidente della Repubblica. Data la loro provenienza dalle amministrazioni regionali e comunali, i senatori non percepiscono stipendio, ma solo rimborso spese. [artt.55,57]

6. Quali saranno le funzioni del nuovo Senato ?
In base alla riforma, il Senato svolgerà le seguenti funzioni: assicurare la rappresentanza degli interessi territoriali concorrendo alla formazione della legislazione statale; essere una sede di raccordo tra diversi livelli di governo nazionale (stato, regioni, comuni) e concorrere alla funzione di raccordo tra questi e l’Unione Europea; svolgere compiti di valutazione e di controllo dell’operato del Governo in aree che toccano gli interessi delle autonomie territoriali.
Il Senato potrà esprimere pareri sui progetti di legge approvati dalla Camera e proporre modifiche entro trenta giorni dall’approvazione della legge. I senatori partecipano all’elezione del Presidente della Repubblica, dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura e dei giudici della Corte Costituzionale.

7. Come cambia il modo di fare le leggi ?
E’ la parte più tecnica e complicata per i non addetti ai lavori. A seconda dell’oggetto di una proposta di legge sono previsti 3 diversi procedimenti: il primo tipo (che riguarda le leggi costituzionali, elettorali, il rapporto con l’Europa, il rapporto Stato/Regioni/Città metropolitane/Comuni, …) ricalca quello attuale con l’azione di Camera e Senato. Il secondo tipo (che riguarda la maggior parte delle leggi ordinarie) prevede l’azione dominante della Camera (in questi casi il Senato ha solo la facoltà di proporre modifiche, ma è la Camera a decidere in via definitiva). Il terzo tipo di procedimento interviene quando il Senato deliberi a maggioranza assoluta una proposta di modifica. In tal caso la Camera ha il potere di decidere in via definitiva ma anch’essa a maggioranza assoluta. In sostanza la Camera assume un ruolo preminente e determinante nel fare le leggi, essendo l’unica espressione diretta del voto popolare [artt.70,71, 72,73, 74, 78, 80, 81, 87].

8. Cambia il rapporto tra Governo e Parlamento ?
Sì, in quanto il ruolo del Governo diventa più forte in Parlamento. E’ solo la Camera a dare (o togliere) la fiducia al Governo e a esprimersi sugli indirizzi politici del Governo.
In particolare il Governo può chiedere la priorità nell’inserimento all’ordine del giorno di provvedimenti che ritiene essenziali per l’attuazione del programma, da discutere entro 70 o al massimo 85 giorni (“disegni di legge prioritari”).
D’altra parte, vengono posti limiti all’uso dei “decreti-legge” da parte del Governo e al procedimento di conversione in legge da parte della Camera. [art. 77].

9. Cambia il rapporto tra Stato e Regioni, Comuni, Città metropolitane, Province ?
Sì. Anzitutto perché le province cessano definitivamente di esistere come enti politici autonomi. Le “aree vaste” (che hanno sostituito le province) hanno compiti di organizzazione e servizio, ma sono di competenza regionale.
La Riforma prevede una nuova suddivisione delle materie tra Stato e Regioni: aumentano le competenze “esclusive” dello Stato e tornano allo Stato alcune materie che condivideva con le Regioni (ambiente, sicurezza sul lavoro, trasporto e distribuzione dell’energia, gestione dei porti e degli aeroporti, ordinamenti professionali, politiche per l’occupazione). Le Regioni con il bilancio in equilibrio potranno chiedere nuove competenze allo Stato. Vengono eliminate le competenze “concorrenti” (quelle in cui attualmente lo Stato indica i criteri generali e la Regione stabilisce la normativa specifica).
Stato e Regione provvedono a definire i regolamenti delle leggi che hanno rispettivamente emanato.
Lo Stato può delegare alle Regioni il compito di regolamentare leggi da esso emanate.
Tutti questi cambiamenti varranno anche per le regioni a statuto speciale (Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste) solo dopo che esse avranno liberamente modificato i propri statuti [artt.116 – 117].
E’ introdotto il principio di semplificazione, trasparenza, efficienza e responsabilità nella funzione amministrativa [artt. 97 e 118]. In caso di grave dissesto degli enti territoriali (Comuni, Città metropolitane, Regioni) lo Stato può sostituirsi ad essi per svolgere le loro funzioni [art.120].

10. Su cosa possono legiferare le Regioni ?
La Riforma stabilisce le materie di competenza regionale: rappresentanza delle minoranze linguistiche; pianificazione del territorio della regione e mobilità al suo interno; dotazione infrastrutturale; programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali; promozione dello sviluppo economico locale e della organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese; servizi scolastici, di istruzione e formazione professionale, di promozione del diritto allo studio, anche universitario, fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche; attività culturali, della valorizzazione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo, di regolazione, sulla base di intese in ambito regionale, delle relazioni finanziarie tra gli enti territoriali della regione per il rispetto degli obiettivi programmatici regionali e locali di finanza pubblica. Le Regioni infine possono intervenire su ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato, secondo il principio di sussidiarietà (art. 117).

11. Cambia il rapporto tra cittadini e leggi ?
La Riforma interviene in proposito su tre questioni che riguardano la “democrazia diretta”:
- il referendum abrogativo: se la proposta è stata sottoscritta da 800.000 elettori, il quorum perché il referendum sia valido viene determinato in base al numero dei votanti alle ultime elezioni della Camera (se il referendum è sottoscritto da 500.000 cittadini resta la regola attuale del quorum al 50% degli elettori) [art. 75];
- sono previsti referendum popolari propositivi e di indirizzo (da disciplinare con una apposita legge costituzionale. Attualmente in Italia non esiste il referendum propositivo);
- leggi di iniziativa popolare: saranno necessarie 150.000 firme (oggi 50.000) per presentare la proposta di legge; sono garantiti dai regolamenti parlamentari tempi e modi certi per la delibera del Parlamento su tale proposta (oggi non vi è tale certezza).

12. Quali altri interventi prevede la Riforma ?
Altri provvedimenti riguardano: la modalità di elezione del Presidente della Repubblica (Camera e Senato in seduta comune, con quorum rafforzati); la composizione della Corte Costituzionale per i membri di nomina parlamentare (la Camera elegge 3 giudici, il Senato 2); la soppressione del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro); il Presidente della Repubblica in caso di necessità è sostituito dal Presidente della Camera.[artt. 83, 85, 99, 40]


13. Quali sono le ragioni del SI (ossia di chi è d’accordo con questa Riforma)?
I sostenitori di questa Riforma sottolineano in particolare:
- la fine del “bicameralismo perfetto” consente di approvare più rapidamente le leggi
- il governo può operare in modo più rapido ed efficace
- la maggior stabilità del governo consente politiche di maggior respiro e stabilità delle regole
- la nuova composizione e il nuovo ruolo del Senato rappresentano meglio le autonomie locali
- la nuova divisione di competenze tra Stato e Regioni riduce i relativi conflitti, semplifica la burocrazia, dà maggiori garanzie di eguaglianza tra cittadini di regioni diverse
- la tutela delle minoranze parlamentari viene garantita attraverso apposite norme di regolamento
- il risparmio derivante dalla riduzione dei parlamentari, dall’eliminazione dello stipendio dei senatori, dalla soppressione del CNEL
Le forze politiche che si sono espresse per il SI: Partito Democratico, Centro Democratico, Nuovo Centrodestra, Partito Socialista Italiano, Scelta Civica, MAIE (Mov. Italiani all’estero). Per il SI si sono dichiarate anche la CISL e la Confindustria.

14. Quali sono le ragioni del NO (ossia di chi è contrario a questa Riforma) ?
Le ragioni del NO sono diversamente motivate e sostenute tra quanti si oppongono a questa riforma (non vi è un pensiero comune tra gli oppositori alla Riforma); le principali sono:
- il procedimento legislativo previsto è troppo complesso e vario, non è automatico che sia più veloce;
- si privilegia la governabilità rispetto alla qualità del processo legislativo e alla rappresentanza
- il nuovo Senato risulta poco utile, poco chiare le sue competenze, non eletto direttamente dai cittadini
- è poco chiaro come verranno designati i senatori (la questione è rinviata a una legge successiva);
- la nuova suddivisione di competenza tra Stato e Regioni produce di fatto un accentramento del potere nello Stato centrale, diminuendo il decentramento raggiunto con la riforma del 2001, ossia riducendo l’autonomia delle Regioni e dando maggior potere alla burocrazia statale;
- il rafforzamento del Governo rispetto al Parlamento può portare ad una deriva autoritaria (anche considerando che la nuova legge elettorale assegna un ampio premio di maggioranza al partito che ottiene il maggior numero di voti, superando la soglia del 40%);
- la ulteriore disparità che si crea tra regioni ordinarie e quelle a statuto speciale;
- i risparmi ottenibili dalla riforma sono limitati, mentre sono possibili nuovi sprechi ed inefficienze dal tipo di suddivisione delle competenze tra Stato e Regioni.
Le forze politiche che si sono espresse per il NO: Forza Italia, Fratelli d'Italia, Lega Nord, Movimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà, Unione di Centro, Conservatori e Riformisti, una parte della minoranza del PD. Per il No si sono dichiarate anche ANPI e FIOM.

NOTA: Perché l’Azione Cattolica si interessa del referendum ?
L’Azione Cattolica Italiana segue con grande interesse il processo di riforma della nostra Costituzione. Fin dagli anni ’80, l’ACI ha espresso pubblicamente una riflessione e un impegno su questo versante della vita civile e politica del nostro paese, nelle varie occasioni in cui si è discusso di processi di revisione della nostra Carta. Anche in questo passaggio verso il referendum, l’AC ritiene doveroso come associazione di laici cristiani offrire il proprio contributo. Fedele all’identità di associazione di carattere religioso e formativo e considerando la situazione attuale, l’AC non intende dare una indicazione di voto per il SI o per il NO, bensì offrire strumenti e occasioni affinché i cittadini possano conoscere meglio i contenuti specifici di questa riforma e possano formarsi un proprio giudizio libero, consapevole e motivato, comprendendo l’importanza di questo passaggio per la vita democratica italiana e partecipando responsabilmente al voto. Il rischio, infatti, accanto a quello dell’astensionismo, è dare il proprio SI o NO in base a motivi di tipo propagandistico, emotivo o di miope calcolo partitico, che poco o nulla hanno a che fare con la riforma e quindi con il futuro delle nostre istituzioni. La scheda che precede è un piccolo contributo a questo servizio di discernimento che l’AC intende offrire (senza ovviamente pretendere di spiegare tutto di una materia molto complessa).